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L’innovativa sentenza 9155/2024, pubblicata dal Consiglio di Stato nei giorni scorsi, interviene a seguito del ricorso proposto dall’ASL di Caserta avverso la sentenza del TAR Campania n°959/2024. Questa trae origine dall’impugnativa di una Società avverso il mancato rilascio dell’autorizzazione da parte dell’ASL competente alla realizzazione dell’ampliamento di un centro di diabetologia in regime ambulatoriale.

Il parere non favorevole veniva rilasciato dall’ASL adducendo semplicemente che il fabbisogno territoriale per il setting assistenziale richiesto fosse già soddisfatto per quel distretto sanitario. La Società ricorreva chiedendone la censura eccependo, così come poi riconosciuto dal Tar, che la motivazione del mancato parere favorevole non era fondata su dati oggettivamente riscontrabili e che non fosse documentata la circostanza addotta che l’intervenuta chiusura di un altro centro diabetologico aveva comportato una riduzione dell’erogazione delle relative prestazioni sanitarie. Il Consiglio di Stato nel rigettare il ricorso da parte dell’Asl, esaminate le censure, accoglie il principio statuito dal Tar secondo cui “…in ordine alla determinazione del fabbisogno, questa va diversamente valutata, a seconda che si tratti di autorizzazione sanitaria o di accreditamento della struttura”. Ed invero, secondo i Giudice del TAR Campania: “la differenza che intercorre tra l’autorizzazione e l’accreditamento delle strutture sanitarie e socio-sanitarie, in base al sistema delineato dagli artt. 8-bis, 8-ter e 8-quater del d.lgs. n. 502 del 1992, per come ricostruito nel vissuto della giurisprudenza di settore, mostra che per la prima i profili rilevanti «sono quelli inerenti il fabbisogno complessivo di prestazioni sanitarie nel territorio e in particolare quelli concernenti la localizzazione delle strutture già presenti», così da garantire la corretta distribuzione sul territorio «in modo che siano adeguatamente servite tutte le zone, anche quelle a bassa redditività, che in mancanza di tale strumento non sarebbero coperte» (Consiglio di Stato, sezione terza, sentenza 7 marzo 2019, n. 1589). Ai fini dell’accreditamento rileva invece il fabbisogno di assistenza programmato per garantire l’erogazione dei livelli essenziali di assistenza (LEA) e prevede il coinvolgimento, in base all’art. 8-bis, comma 1, del d.lgs. n. 502 del 1992, solo “dei presidi direttamente gestiti dalle aziende unità sanitarie locali, delle aziende ospedaliere, delle aziende universitarie e degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, nonché di soggetti accreditati ai sensi dell’articolo 8-quater, nel rispetto degli accordi contrattuali di cui all’articolo 8-quinquies”, senza quindi considerare le strutture private non accreditate» (sentenza n. 7 del 2021, punto 4.4. del Considerato in diritto)” (sentenza del 2/8/2023 n. 4739).

Ciò che nella pronuncia in oggetto è meritevole di riflessione è la seguente motivazione adottata, che richiama espressamente una precedente pronuncia sul punto: “la mancanza di un atto di programmazione regionale non può tradursi in un blocco sostanziale delle procedure autorizzative, per cui anche a prescindere dall’esistenza di un atto di rilevazione del fabbisogno a livello regionale, la Pubblica Amministrazione ha in ogni caso l’obbligo di effettuare una valutazione puntuale del fabbisogno attinente al caso specifico”; e che “in difetto di una compiuta verifica dei fabbisogni non per ciò solo appare ragionevole paralizzare tutte le richieste di autorizzazione di privati da parte della Regione Campania. Ne consegue che dovrà, comunque, essere l’Amministrazione regionale a compiere la verifica sulla base degli elementi di cui dispone, non potendosi altrimenti condizionare, come detto, negativamente l’attività economica privata.

Anche con riferimento alla situazione della Campania, si è, comunque, ritenuto di poter superare il regime di blocco, affermando che l’istanza di autorizzazione dovrà essere esaminata dall’Amministrazione competente “sulla base della verifica attuale di compatibilità col fabbisogno e accessibilità territoriale al servizio sanitario, compiuta a livello N. 06211/2024 REG.RIC. regionale, tenendo conto delle prescrizioni poste dai provvedimenti commissariali”. E che, “In difetto, dovrà, comunque, l’amministrazione regionale sanitaria compiere una valutazione puntuale, attinente al caso specifico, a prescindere da qualsivoglia attività programmatoria o pianificatoria, non potendosi condizionare negativamente l’attività economica privata al mancato esercizio di poteri doverosi” (cfr. sent., n. 3487/2015, n. 2448/2017)”. Secondo il Consiglio di Stato, aggiunge che: “deve convenirsi che le considerazioni relative al disaccreditamento di altra struttura non possono influire in maniera determinante sulla formulazione del parere che, per le motivazioni suesposte, deve basarsi su presupposti autonomi rispetto alle procedure di accreditamento (ovvero, alle vicende concernenti strutture accreditate, che refluiscano sulla determinazione del fabbisogno). Nel parere impugnato non è dato di rinvenire un’esaustiva esplicazione di precipue ragioni che, attinenti alla domanda sanitaria del territorio, rendano non meritevole di accoglimento l’istanza di autorizzazione.” “Rimarcando la differenza sopra enunciata, ne deriva che non è configurabile la preclusione al rilascio dell’autorizzazione, sulla base della richiamata delibera aziendale n. 347 dell’8/3/2021 (esibita in giudizio il 24/7/2023), la quale ridetermina il fabbisogno di centri pubblici e privati accreditati (n. 2 per il distretto n. 12, oltre ad una struttura pubblica).

In altri termini, con riferimento alla domanda di autorizzazione sanitaria, è richiesta una specifica e autonoma valutazione del fabbisogno, tenendo conto che l’istanza è esplicazione della libertà economica del privato, che intende offrire prestazioni di diagnosi e cura, senza correlarsi in linea di principio ad esigenze di contenimento della spesa sanitaria, proprie della procedura di accreditamento.

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