Emergenza Europea – aumentano…
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Nel periodo 2018-2024 il numero di farmaci a rischio carenza è passato da poco più di 1.600 a oltre 3.700. Quasi la metà (44%) delle carenze registrate nel 2024 è dovuta alla cessazione definitiva della commercializzazione dei farmaci con brevetto. Ma per otto su dieci esiste l’equivalente, il medicinale senza brevetto, che ha lo stesso principio attivo. E grazie a questi, meno costosi degli originator ma intercambiabili, sono derivati oltre sei miliardi di risparmi alla sanità pubblica dal 2012 ad oggi.
La significativa dipendenza dai fornitori di principi attivi extra-Ue rende pericolosamente vulnerabile la catena di approvvigionamento di farmaci in Europa. Forniture che potrebbe interrompersi in qualsiasi momento a causa di questioni geopolitiche, restrizioni commerciali o problemi di produzione. Per questo è necessario aumentare la resilienza del sistema, attraverso, ade esempio, strategie mirate di diversificazione dei siti produttivi per mitigare i rischi legati a disservizi locali. È quanto emerge dalla relazione dell’Autorità per la preparazione e la risposta alle emergenze sanitarie (Hera) della Commissione Europea che ha preso in esame, in particolare, una prima serie di 11 medicinali (Alteplase, Amoxicillina, amoxicillina/acido clavulanico, Benzilpenicillina benzatinica, clonazepam, fludarabina, glucagone, Vaccino contro l’epatite B, Rifampicina, Verteporfina, Vincristina) degli oltre 200 medicinali considerati ad alto rischio di carenza nell’Unione Europea.
Occasione di confronto tra istituzioni e industria è stata la presentazione dell’Osservatorio Nomisma 2024 lo scorso 17 Ottobre a Roma, frutto della collaborazione tra Nomisma ed Egualia. Negli ultimi cinque anni, ricorda il rapporto, la carenza di farmaci è diventata un problema sempre più pressante e l’Italia è tra i Paesi più colpiti. Arriva, infatti, da Egualia, l’associazione che riunisce i produttori dei cosiddetti “generici”, l’appello al governo proprio nel momento in cui la manovra, appena approvata dal Cdm, si appresta a iniziare l’iter parlamentare: “Senza equivalenti il servizio sanitario non reggerebbe, ma servono misure urgenti per salvare il settore”. Tra queste, una revisione del payback farmaceutico, ovvero il meccanismo di ripiano in base al quale, in caso di superamento del tetto della spesa farmaceutica, le aziende devono contribuire a ripianare l’eccedenza insieme alle Regioni: “Una distorsione tutta italiana e che abbiamo ereditato dagli altri governi”, per usare le parole di Gemmato.
Si sottolinea come i farmaci equivalenti sono sempre più essenziali per la cura delle patologie croniche complesse. Inoltre, sono sempre più essenziali per la sostenibilità della sanità pubblica, perché, “facendo spendere meno in farmaceutica, consentono di spendere meglio in altro”, ha sottolineato anche il sottosegretario alla Salute Marcello Gemmato.
Una prima intesa arriva dalla conferenza delle Regioni, dove è stato trovato un accordo per una nuova ripartizione della spesa, in base al quale tutte le Regioni che sforano il tetto di spesa saranno tenute a farsi carico del 50% della spesa, a fronte del fatto che alcune, negli anni passati, avevano dovuto contribuire fino al 75%. Ma niente di nuovo per quanto riguarda le aziende. Resta invece acceso il dibattito sulle risorse per la sanità in manovra. Dopo le polemiche dei sindacati dei medici, il sottosegretario alla Salute Gemmato torna sul tema. “La legge di bilancio, non solo conferma il livello di spesa che i governi avevano dato al Servizio sanitario nazionale a partire dalla pandemia Covid, ma mette sopra altre risorse”.